Gli ultimi giorni hanno mostrato quanto sia drammatica la situazione in cui si trova la mobilità ciclistica italiana. E per una come me che con la mobilità attiva ci lavora e ho pure una newsletter che si chiama “Parlo spesso di bici”, questa ennesima conferma è parecchio sconfortante.

Il dossier “Non è un paese per bici”, progetto a cui sto lavorando come ufficio stampa e realizzato da Clean Cities, Fiab, Kyoto Club e Legambiente, ha mostrato quanto poco si investa in Italia in ciclabilità: il nostro Paese investe 100 volte di più sull’auto che sulla bici, e infatti vediamo quotidianamente quanto le città italiane siano ancora poco ciclabili e le strade poco sicure.
Servirebbero – secondo il Dossier – 500 milioni l’anno, per i prossimi 7 anni, per un totale di 3.2 miliardi di euro, per avvicinare le città italiane alla media europea. Ed è questa la cifra chiesta con una petizione, che si può sottoscrivere.

Ma proprio mentre lavoravamo sul Dossier, non solo i fondi non sono stati aumentati, ma addirittura azzerati.

Il governo Meloni ha infatti tagliato i fondi previsti in legge di Bilancio, 94 milioni per gli anni 2023 e 2024, che erano rimasti nel Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili urbane e non è ancora assegnati. Il fondo era stato istituito dalla legge di bilancio 160/2019 (art. 1 comma 47).

Restiamo in attesa che vengano reintrodotti, grazie a tre emendamenti proposti da alcuni parlamentari e alla mobilitazione delle associazioni per la mobilità attiva, grazie alla quale siamo riusciti a portare il dibattito sui principali media italiani, da La Stampa a Repubblica, alla prima pagina di Domani e Il fatto Quotidiano. Mettere sul piatto (mediatico) quanto poco si investa su una mobilità sostenibile è sempre alquanto difficile, anche di fronte a dati e drammatiche evidenze.

La notizia di questo azzeramento di fondi è arrivata nei giorni in cui il paese era sconvolto per la morte dell’ex ciclista professionista Davide Rebellin, ucciso mentre era in bici da un uomo alla guida di un camion, qui l’articolo su Bikeitalia. E negli stessi giorni a Ferrara anche Manuel Lorenzo Ntube un giovane 17enne è stato ucciso mentre era in bici e un altro ragazzo ferito gravemente. È una strage quotidiana.

Un’utile sintesi di quello che sta succedendo, dalla mobilitazione delle associazioni, alla proposta di emendamenti e ai comuni, tra i primi Bologna, che hanno inserito Ordini del giorno specifici nei Consigli comunali, è sul sito di Fiab.

E mentre scrivo questo post, una delegazione di associazioni sta manifestando sotto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il messaggio è lo stesso da un decennio: #Bastamortinstrada e #Bastamortinbici per chiedere di porre fine a una continua strage stradale causata da un modello di mobilità inadeguato basato sul l’automobile.
Città a 30 km/h, più fondi per le ciclabili, la legge sulla distanza di sorpasso a 1,5 m. e politiche orientate alla Vision Zero sono le richieste che verranno ribadite in questa occasione.

Come ho scritto in occasione della formazione per giornalisti Comunicare la mobilità, i media hanno un ruolo importante nella percezione che le persone avranno in strada. Il 2 dicembre ho avuto l’opportunità di parlarne anche a Radio Popolare, durante una puntata dedicata al taglio dei fondi e alla sicurezza stradale.

Qui intanto riporto alcuni articoli usciti sul Dossier e il taglio dei Fondi.

Green & Blue, che ha ripreso anche il comunicato sul taglio dei fondi

Domani, con l’ottima analisi di Ferdinando Cotugno, ripreso anche nella newsletter Areale e in prima pagina l’1/12

Il Fatto Quotidiano

Altreconomia

Sul sito di Clean Cities, la rassegna stampa completa 

 

 

Aggiornamento del 21/12/2022, una parte di fondi sono stati reintrodotti: