Si chiama colpevolizzazione della vittima.
E’ quando una persona vittima di una violenza viene ritenuta in qualche modo responsabile in tutto o in parte di quello che ha subito.
Capita spesso nei casi di donne vittime di violenza. E capita anche quando un ciclista viene ammazzato sulle strade.
Negli ultimi giorni tre persone sono state uccise da persone alla guida di un’auto.
Morire ammazzati mentre si condivide una strada è ingiusto. Punto.
Leggo i commenti sotto alle notizie di questi giorni così come sotto ai post di Bike Pride e c’è da inorridire:
“Eh i ciclisti senza luci”.
[Sono stati ammazzati alle tre del pomeriggio, da un uomo ubriaco]
“Ma si vestono in abiti poco visibili”
[Ripeto sono stati ammazzati al pomeriggio. Quanto devi essere visibile per non essere visto su una strada in cui hai tutto il diritto di pedalare? Ma soprattutto a che velocità andava la persona in auto per non riuscire ad evitare in pieno giorno due persone in bici?]
“Eh i ciclisti non viaggiano in fila indiana”
[I due ciclisti hanno distrutto il parabrezza e sono morti sul colpo. Davvero il problema è la fila indiana? Ad alta velocità vieni ammazzato. Punto]
“Eh il rispetto del codice della strada”
[Tutti d’accordo. Rispettiamo tutti il codice della strada, ma chiediamo anche che il codice della strada rispetti tutti gli utenti della strada. Perché ad oggi ci sono utenti di categoria A, le auto, e utenti di categoria B, i pedoni e i ciclisti. Quindi va bene il rispetto del codice della strada e nessuno lo nega. Ma ricordiamo che in uno scontro tra auto e bici o pedone, chi muore è chi è in bici o a piedi. Quindi non si può parlare di pari diritti se uno ha in mano un’arma letale e gli è consentito di utilizzarla senza rispetto per le vite altrui]
Abbiamo un responsabile, alla guida dell’auto, e abbiamo dei responsabili a livello politico. Perché fin quando non si toglierà potere alle auto, continueremo ad avere stragi sulle strade. E non parlo di stragi di multe.
E cari colleghi giornalisti, non trovate attenuanti.
Gli incidenti non sono spettacolari. Le strade non sono killer. Le biciclette non si scontrano contro le auto. Non è colpa del sole che abbaglia.
Sono le persone alla guida di auto che uccidono altre persone, spesso a piedi o in bici.
Tutti sbagliano, ma se la velocità è ridotta, controllata, se c’è il rispetto di tutti gli utenti della strada, non si muore.
Ieri sono andata a pedalare e sapete qual era l’unica condizione che ho proposto per il percorso? Fare strade poco trafficate. Per ridurre il rischio. E semplicemente non è giusto.
Insomma c’è un sacco da lavorare.
Qui qualche realtà da seguire ma ce ne sono tante altre:
La Fondazione Michele Scarponi e la campagna #lastradaèditutti
Omar Di Felice, extreme cyclist che sta usando la sua visibilità per parlare di questi temi (e non vi dico i commenti sotto ai suoi post)
Vittoria Bussi che oggi ha consegnato il cartello per il rispetto della distanza 1,5 m dell’ACCPI in fase di sorpasso al primo ministro Conte.
Paola Gianotti e la campagna #iorispettoilciclista
E ovviamente FIAB Onlus e Bikeitalia.it
Ma la strada è di tutti. Ricordatelo in giro.